MICHELE NEGRI DA OLEGGIO:


INTERAZIONI

La Galleria Schubert inaugura il giorno 14 Febbraio 2006, alle ore 18.30, presso la propria sede di Via Fontana 11, 20122 Milano, la mostra personale di Michele Negri da Oleggio intitolata "Interazioni".

Giovane artista, nato a Milano il 10/03/1970, dopo aver passato la maturità artistica, si è dedicato al corso di pittura dell’accademia di Brera, che ha concluso. Pittore, scultore, scrittore, inventore, esordisce come figura poliedrica nell’ambiente milanese.

Michele Negri da Oleggio non si preoccupa di fornire un’interpretazione analitica dei suoi quadri, ma preferisce indagare sull’interazione che il fruitore ha con le opere. Poiché non vi sono verità assolute, ognuno può decodificare le creazioni attraverso un proprio filtro. L’arte esprime valori ed emozioni che raggiungono immediatamente il nostro inconscio.

Dipinti e disegni astratti sono caratterizzati dall’utilizzo di forme geometriche pure come la sfera e il triangolo. Accurato lo studio dei colori: corposi, vivaci, intensi, conferiscono vitalità e dinamicità alle rappresentazioni. Un’impronta futurista emerge dalle sue creazioni. Esse si accendono grazie ai movimenti di linee rette e curve, come se fosse una danza di figure di diverse tonalità.

Questo fresco artista ci propone le sue opere per toglierci dagli schemi mentali imposti dalla tradizione. Nell'introduzione al catalogo da lui scritta in una sorta di "Manifesto" si evince come l'arte possa essere libertà di pensiero e di espressione, una apertura ad un nuovo mondo interiore e capacità di comunicare in modo diretto con lo spettatore.

Con cortese preghiera di pubblicazione

Galleria Schubert Dal 14 al 26 Febbraio 2006

Via Fontana 11 Da lunedì a venerdì 11~19 continuato

20122 Milano

Ufficio Stampa

Tel: 02 54 10 16 33 www.schubert.it

Fax: 02 54 10 16 14 schubert1@interfree.it



 
L’arte come atto filosofico

La mia è un’arte filosofica, che non ama dare verità, ma chiede e si interroga. Un’arte viva, che non si pone limiti, e che continua nei suoi osservatori.
Di solito preferisco parlare dell’utilità dei miei quadri più che dare un’interpretazione verbale del loro significato, anche se, parlare dell’utilità di un quadro, vuol dire parlare anche e in parte del suo significato.
Non che io non faccia mai un’interpretazione analitica di un mio quadro, ma, alla fine, il mio interesse è per lo spettatore, per la sua interazione col quadro, per la sua interpretazione conscia ed inconscia.
Ogni quadro è una verità a sé, ma essa non è un concetto estrapolabile dal quadro, essa è il quadro. La verità è ferma e non può essere vissuta. La vitalità di un quadro è nella nostra interazione con lui.
La comunicazione esiste proprio perché la verità non ci appartiene. Essa tende alla verità senza poter arrivarci, creando infinite dinamiche vitali.
Ogni dipinto si esprime con il “linguaggio” della pittura, che come tutte le forme di comunicazione è costituita da un “cosa dire” e un “come dire”, e quando il “cosa dire”, come per metamorfosi, diventa un “come dire”, allora lo stile diventa il significato, e il “come dire” diventa un nuovo “cosa dire”.
La mia pittura, ma potenzialmente la pittura in generale, ha poco da condividere con le altre principali forme di comunicazione, come, ad esempio, quella verbale e quella scritta. Quello che ha in comune è che anch’essa è una forma di comunicazione, e come le altre segue delle proprie logiche grammaticali e sintattiche nella sua composizione.
Credo che la pittura abbia la potenzialità di rispondere all’esigenza di una forma di comunicazione globale, in grado di comunicare direttamente con il nostro inconscio con una grammatica emotiva.
Questo aspetto del “come dire” appartiene intimamente al mio modo di fare arte. Esso affonda le sue radici nel nostro inconscio, e per questo la sua logica espressiva è più adatta ad essere letta inconsciamente che razionalmente. Questo tipo di comunicazione, infatti, non si esprime nella logica lineare che usiamo, come, ad esempio, quando parliamo, ma segue infiniti binari logici onnidirettivi, che io chiamo “plurilogica”. Un dipinto è più simile ad un urlo che a un discorso, esso si esprime di getto nel nostro inconscio, con tutte le sue argomentazioni.
 
 

Michele Negri da Oleggio

Ritorna alla Home Page

per contatti