La ricerca "Bifronte" nella pittura di Pierre Mantrà Di Lorenzo Bonini L'arte per Mantrà è quell'attività mentale attraverso la quale traduce i contenuti della natura e soprattutto del suo universo emotivo e spirituale, nell'ambito della conoscenza oggettivamente valida. Di qui le sue opere, espressione del puro sentimento, riempiono la tela con un rigore formale mutuato da un linguaggio, le cui regole grammaticali sono oggi ben canonizzate da oltre cinquant'anni d'attività e sperimentazione.
Il suo fare artistico è sia invenzione, sia incarnazione, ed è il dualismo tra ethos e pathos, che ha da sempre generato le diatribe tra i diversi fautori di un'arte scissa tra le sue forme più apollinee e quelle più dionisiache, si ricuce nelle sue opere. Per capire appieno l'artista e il suo prodotto di là di una semplice ricostruzione semantica del processo produttivo, in altre parole l'etica da cui è generato e da cui si potrebbe solo trovare la concatenazione dell'evoluzione dell'arte informale, è più importante concentrarci sui contenuti intimi delle opere, vale a dire sul pathos da loro espresso e che cerca di rigenerarsi nell'astante. Infatti, la necessità artistica, per Mantrà, diventa imperiosa nella misura in cui l'artista demiurgo cerca il confronto con il pubblico nel tentativo di generare un reciproco risveglio. In questo fare l'artista è l'elemento catalizzatore di forze cosmiche e religiose che, nel loro manifestarsi, si materializzano sulla tela in forme e colori. L'invenzione, figlia dell'ethos, trova le forme. L'incarnazione, figlia del pathos, genera la sensibilità che gli permette di tradurre in immagini il proprio spirito, allacciandosi così a quella tradizione dell'artista mistico, seguace della ragione d'essere che fu già percorsa da Yves Klain. "L'identificazione del vero è altra cosa dall'imitazione del vero". Spesso ci si dimentica che l'arte è un fatto non naturale. In arte non tanto contano le figure retoriche, i temi, i motivi, i messaggi - elementi che sono sempre gli stessi e si possono persino enumerare - quanto invece la loro artificiale rappresentazione. L'artista ha materiale d'immagini, metafore, schemi, procedimenti, strutture che sono sempre gli stessi, fin dai tempi della più antica favolistica. Il problema dell'artista artificiere è di farli apparire come cosa nuova, secondo una casistica in sostanza infinita perché la serie delle combinazioni è inesauribile. Anzi è proprio dal cozzo, dalla contraddizione tra vecchio e nuovo che l'arte attinge i suoi più forti motivi. Né si creda che la ricerca sia, per l'artista, un procedimento meccanico come quello di certi giochi che presentano un paesaggio ridotto a microscopici pezzetti e invitano a ricostruire un originale preesistente. L'artista non ha un programma e non ha uno scopo definibile in partenza. Quello che lo muove è il senso del vuoto da riempire, il presentimento di una forma che egli conoscerà solo quando sarà raggiunta. I congegni di cui si serve non sono gratuiti, ma appartengono ad un fondo che è sempre stato a disposizione degli uomini nati per creare. Mantrà tutto ciò lo manifesta nella forma mandalica che assumono le sue opere, attraverso le velature che di Maja hanno il sapore e il ricordo del fare meditativo, invitandoci a togliere il velo aprendoci così le porte della percezione, con l'eleganza sapiente frutto di un lunga esperienza, che sa trasformare la pittura in luogo emozionale. Prossimo ai cinquant'anni di piena attività Mantrà può a pieno diritto inserirsi tra quei personaggi che hanno saputo dare un contributo all'arte, facendone una ragione di vita. Un piccolo motore che opera nel caos per frenare l'ineluttabile entropia dell'anima, Mantrà, Giano Bifronte auspica un risveglio nel fare e nel fruire arte. La sua opera si apre allo spazio e ci porta in profondi recessi dove forse trovare l'anima e lo spirito, che oggi, troppo celati dall'ethos, non ci consentono di trovare il nostro pathos.
Biografia Pierre Mantrà nasce a Ginevra nel 1935. Nel 1951 frequenta l'accademia di Belle Arti di Ginevra. Nel 1952 si trasferisce a Parigi dove lavora nell'atellier di Andrè Lothe. Nel 1953 è alievo di Herbin. Nel 1954, non ancora ventenne le prime esposizioni parigine partecipando fino al 58 al Salon Réalités Nouvelles. Principali mostre 1955 Galleria 93 Parigi 1957 Niveau Gallery New York 1957 Galleria 93 Parigi 1957 Galleria Charpentier Parigi 1960 Galleria Bellechasse Parigi 1972 Galeri du Perron Ginevra 1973 Muséè Rath Ginevra 1973 Galerie de Forum Porrentruy 1975 Galerie Entremonde Parigi 1976 Galerie Entremonde Parigi 1982 Galerie Marcelle Lenoir Parigi 1986 Galerie Marcelle Lenoir Parigi 1990 Galerie Akka Valmay Parigi 1996 Villa Shindler Innsbruck 1998 Villa Shindler Innsbruck 1998 Salon Du Mai Parigi 2003 Salon Réalités Nouvelles Parigi dal 1998 è rappresentato a Parigi dalla Galleria Selmersheim Ritorna alla Home Page
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